Assorbito dal suo ruolo “naturale” nel sistema penalistico il PM, tuttavia, svolge la sua attività di tutela dell’interesse collettivo anche nel processo civile. Invero, in alcuni settori rappresenta obiettivamente l’unico soggetto che può agire per la tutela dei soggetti deboli come nel caso di soggetti soli o con disagi sociali (art. 407 cc) o nelle ipotesi di minori coinvolti in separazioni o divorzi conflittuali.
Apparentemente marginale la figura del PM “prestato” al processo civile andrebbe valorizzata secondo una lettura attenta e combinata del sistema codicistico evitando che attività di tutela e garanzia spesso si riducano ad atti di mera formalità attraverso scarne conclusioni o la compilazione di prestampati (ad es. l’attività di controllo su tutti gli atti che vengono poi annotati sui registri dello stato civile, certificati di nascita, morti, separazioni, divorzi e anche l’ADS).
Non può certo condividersi l’opinione di alcuni che ritengono addirittura dannosa l’attività del PM nel processo civile per il semplice fatto che, a causa dell’oneroso carico di lavoro a cui questa figura deve far fronte nel processo penale, possa in qualche modo rallentare i procedimenti civili in cui il procuratore debba agire e/o intervenire osteggiando la sempre più richiamata esigenza di economia processuale. Forse sarebbe molto più allineato con il nostro sistema giustizia prevedere un PM che sia deputato esclusivamente alle attività previste nel processo civile. E sembra andare verso questa direzione il legislatore che ha di recente introdotto la consolle per il pubblico ministero (ossia quel sistema informatico in dote ai PM che permette un flusso di comunicazione digitale tra il civile e la procura) che agevolerà il lavoro permettendo di vistare gli atti telematicamente.
Un ruolo quindi che costituisce sostanziale strumento di tutela anche nei procedimenti relativi all’ADS dove il PM assume la veste di ricorrente (art. 407 cc), chiedendo la nomina dell’amministratore, oppure interviene a pena di nullità (art. 70 c.p.c.) ad esempio per annullare atti illegittimi compiuti dall’ADS (art. 412 c.c.).
Non abbiamo tracce espresse di un principio generale di obbligatorietà dell’azione civile come invece avviene, con l’art. 112 della Cost., per l’azione penale del PM al quale quindi, nella sua configurazione civilistica, residua una certa discrezionalità nel valutare se agire/intervenire o meno senza tuttavia sfuggire all’eventuale responsabilità sia sotto il profilo disciplinare sia sotto il profilo penale nel caso di colpevole inerzia. Ciò, naturalmente, quando l’azione o l’intervento non sono espressamente previsti come obbligatori dalla disposizione codicistica.
Il PM, naturalmente, deve essere messo nelle condizioni di espletare anche la propria attività di intervento obbligatorio ex art. 70 n. 3 cpc (le cause sullo stato e la capacità delle persone) e nel caso di mancata trasmissione da parte del giudice tutelare degli atti al PM, venendo meno questa possibilità, si determina una irregolare costituzione del contradditorio con conseguente nullità del provvedimento adottato da far valere in sede di gravame.
La ratio che caratterizza il ruolo del PM, nei procedimenti relativi allo stato e alla capacità delle persone, non poteva che essere garantita da un’interpretazione rigorosa delle norme in materia di ADS ed il richiamato art. 70 cpc che è arrivata in maniera chiara e diretta anche dalla Corte di Cassazione.
Quest’ultima non solo ha ribadito che la questione relativa all’irregolare costituzione del contradditorio deve essere esaminata prima di quella relativa alla giurisdizione ma, con la pronuncia n. 1093 del 18 gennaio 2017 la Suprema Corte, dipanando ogni precedente dubbio, ha chiarito che “nelle cause relative allo stato delle persone, la mancata trasmissione degli atti al PM, il cui intervento è obbligatorio ai sensi dell’art. 70 n. 3 c.p.c., dà luogo a nullità della sentenza che, se resa nel giudizio d’appello, va cassata con rinvio alla corte d’appello affinchè, previo coinvolgimento del PM, proceda alla trattazione e decisione della causa”.
Molteplici gli spunti di riflessione, sul ruolo del PM nel processo civile, offerti dall’intervento della Dott.ssa Paola Conti – Sostituto Procuratore presso la Procura del Tribunale di Viterbo – al secondo incontro del corso “L’amministrazione di sostegno e i soggetti fragili ” tenutosi presso il Palazzo di Giustizia di Viterbo.